Emozioni in Friuli - Il racconto

Friuli2Non è facile trovare le parole per descrivere le emozioni provate durante un viaggio di gruppo. Ci proverò, anche con l'aiuto di Francesca e Riccardo (gli organizzatori), Michela e altri partecipanti che mi hanno inviato alcuni loro "pensieri" utili a raggiungere l'obiettivo. Questo non è perciò un diario di viaggio, ma il tentativo di condividere l'esperienza emozionale vissuta.
Certamente i due elementi caratterizzanti il nostro girovagare per il Friuli sono stati la natura e le persone. A prima vista già si capisce come le montagne qui siano impietose, picchi erti e valli strette dove il sole si leva in tarda mattinata anche in piena estate, ma è una natura non indomita, perché i Friulani hanno saputo utilizzare tutto ciò che di buono veniva loro offerto. 

Persino la vecchia tradotta ormai abbandonata - loro che sono abituati a non sprecare niente - l'hanno trasformata nella pista ciclabile Alpe Adria. La linea ferroviaria su cui sorge è un capolavoro ingegneristico, costruito a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento e presenta un innegabile valore legato soprattutto alle difficoltà dell'epoca. Noi l'abbiamo percorsa con le nostre biciclette da Tarvisio a Chiusaforte, su un fondo stradale perfetto, tra prati, paesi caratteristici, vecchi ponti e fresche gallerie. Un'esperienza davvero unica effettuata con gioia infantile e conclusasi con un pranzo comunitario nella vecchia stazione adattata a ristorante.

Monte Lussari, a 1790 metri, lo abbiamo raggiunto in funivia. Lo splendido scenario naturale che si è presentato al nostro sguardo è inimmaginabile, incastonato in un panorama di indescrivibile grandiosità tra le cime delle Alpi Giulie. Sulla sua sommità si erge il Santuario. Un sacerdote sloveno ci ha illustrato le vicissitudini della Chiesa plurilingue italiana, slovena e austriaca. 

Durante la Grande Guerra, la Carnia fu teatro di molte azioni belliche tra l'esercito Italiano e quello Austro-Ungarico. Anche il Santuario non fu risparmiato, un ordigno causò un incendio che lo distrusse, ma fu ricostruito nel 1924. Da qui al Museo della Guerra di Chiusaforte e poi ancora con i racconti di Aldo, la nostra guida di Venzone, abbiamo capito come i Friulani abbiano vissuto in modo più intenso degli altri Italiani le guerre del ventesimo secolo. La Grande Guerra per loro ha rappresentato lo spostamento continuo di un confine - concittadini che prima erano amici diventavano nemici e viceversa - ma soprattutto la Guerra Fredda, per loro che confinavano con le nazioni del blocco sovietico e le caserme che si ripopolavano di soldati, è stata emotivamente vissuta con l'intensità di un conflitto che ti tocca di persona. Piace ricordare che dopo il crollo della superpotenza comunista sovietica, i confini politici si siano aperti e i rapporti tra i gruppi etnici distesi, tanto che i valcanalesi parlano e capiscono tutte e tre le lingue, italiano, sloveno e austriaco. Bello riconoscere che al di là dei legami di sangue, di stirpe, di etnia c'è nelle persone quel senso di fraternità che lega gli uni agli altri.

Dal Museo Etnografico di Malborghetto invece abbiamo percepito la ricchezza di minerali e la molteplicità delle rocce delle montagne friulane, tra le quali troviamo anche la dolomia. Queste montagne, che si formarono 280 milioni di anni fa, erano inizialmente una vasta piana trasformatasi in un mare tropicale con numerosi atolli e vulcani fino allo scontro tra la placca europea e la placca africana che produsse la formazione di tali rocce, la dolomia in particolare. Monte Canin ci ha permesso di toccar con mano ciò che avevamo appreso al museo, grazie alla salita in funivia seguita da una facile camminata. All'altitudine di poco più di 2000 metri ci siamo ritrovati con stupore in un ambiente di alta montagna, prevalentemente roccioso, con la vegetazione fatta di pochi arbusti, priva di alberi ad alto fusto e la presenza di neve anche a luglio inoltrato.

La natura in Friuli non si manifesta all'uomo solo con le rocce, ma anche con l'acqua nelle sue diverse forme. Fiumi, sorgenti e laghetti verde smeraldo qui la fanno da padroni, goduti volentieri dai villeggianti alla ricerca di sollievo dalla calura estiva. Noi ci siamo avventurati in una piacevolissima passeggiata attorno ai due laghi di Fusine, assaporandone la pace e la tranquillità, che però è durata poco La serata, infatti, ci ha riservato un violento temporale costringendoci a rinunciare alla "tavolata" già programmata. Così, rinchiusi nei nostri camper, incolpato il solito cambiamento climatico, abbiamo rinviato le attività gastronomiche comunitarie al giorno dopo.

Fortunatamente il tempo non è sempre stato così inclemente e ci ha permesso di godere pienamente della successiva visita di altri due laghi, quello di Cavazzo o dei tre Comuni, acqua color turchese e un parco naturale tutto da scoprire, poi quello di Cornino, col suo colore verde smeraldo dovuto a una particolare specie di alghe e area di ripopolamento del grifone. Il motivo della presenza del volatile proprio in quel luogo è dovuto alla conformazione delle rocce che permette a questo rapace di nidificare.

Ma ciò che nel nostro viaggio ha maggiormente lasciato il segno in tutti noi è stata indubbiamente la visita di Gemona e Venzone. 

Un minuto. Prima un brusio, un tremore. Poi la terra si scuote sempre più forte fino a fermare il respiro ed il tempo. Un rumore forte e cupo rompe il silenzio della vita che finisce. Il buio, la paura, calano sugli uomini e sui paesi. Sono le nove di sera di giovedì 6 maggio 1976, quando un violento terremoto scuote la terra friulana e avvolge persino le montagne nella polvere provocata dall'attrito delle rocce. Le campane giacciono a terra e le lancette degli orologi si fermano sulle nove di quella sera. Provoca morti, feriti, macerie, dolore, paura, smarrimento, desolazione. Nel tempo di un minuto il Friuli è messo in ginocchio. (da Tiere Motus)

Basta un minuto e il terremoto lascia il suo segno di distruzione, la terra continua a tremare per giorni e giorni, nelle persone c'è lo smarrimento per ciò che si è subito e l'impotenza di fronte alla natura. Come risollevarsi da una simile catastrofe? La popolazione terremotata è costretta a vivere sotto le tende, ma gli aiuti arrivano da ogni dove: militari, Croce Rossa, persino la mezzaluna islamica (equivalente della nostra Croce Rossa) e i Paesi dell'Est europeo intervengono prontamente. Si attivano subito tutti: la CEI, la Caritas, l'ANA e tutti i militari, Confindustria e Confartigianato, gli Scout, l'intero mondo del volontariato e dello sport con le varie federazioni, Comuni, Regioni e Roma stessa come custode del terremoto. A metà settembre l'attività sismica riprende in modo improvviso e furioso, le case danneggiate si sbriciolano, quelle già riparate vengono nuovamente lesionate, tutti gli sforzi profusi durante l'estate sono vanificati. Questo secondo terremoto di settembre pare aver intaccato la volontà e la speranza dei Friulani, ma l'inverno del 1976/1977 è decisivo per le famiglie degli sfollati che sono costretti a trasferirsi nei prefabbricati. Si sceglie di mantenere intatte le comunità, si ricomincia tutto da capo, così la volontà comune, l'organizzazione e la solidarietà faranno il miracolo della ricostruzione. In poco più di 15 anni il Friuli rinasce.

La nostra visita inizia da Gemona. Francesca, che allora aveva prestato il suo aiuto come volontaria, dapprima ci descrive la sua emozionante esperienza, poi con la guida dell'arch. Gianpaolo Della Marina, percorriamo le strade della cittadina, dove grandi fotografie mostrano i luoghi in cui ci troviamo ridotti a cumuli di macerie. Ora tutto è tornato come prima del terremoto, sì perché i Friulani non si sono accontentati di una casa, ma hanno voluto la "loro" casa, così com'era prima. La guida ci spiega come la ricostruzione della cittadina sia stata anche una palestra per sperimentare tecniche di restauro conservativo, le case, i portici, tutto è tornato com'era, i pilastri sono stati consolidati internamente, raddrizzati e tornati a sostenere gli edifici sovrastanti mostrando il loro aspetto di solida pietra Ma il vero capolavoro è rappresentato dal Duomo di Santa Maria Assunta, quasi interamente distrutto dalle scosse telluriche di settembre. In questo caso si è trattato di un intervento di anastilosi, cioè le pietre sono state ricollocate una a una nella stessa posizione che occupavano in precedenza, come per la realizzazione di un enorme puzzle, grazie anche alla ricca documentazione fotografica presente dell'edificio. 

Con la stessa tecnica di anastilosi sono stati ricostruiti i bei palazzi del centro storico e così i Friulani con il motto "Com'era, dov'era" che nacque allora per tutti, subito - amministratori locali, preti, imprenditori, semplici cittadini - hanno riavuto le loro città.

L'ing. Aldo Di Bernardo ci ha accompagnati nella visita a Venzone. Si è trattato di una vera e propria immersione totale nella storia del territorio, senza trascurare le sue origini geologiche che hanno radici nel quaternario - dell'anfiteatro morenico del Tagliamento ci ha anche raccontato diffusamente l'arch. Maurizio Tondolo - il tutto completato dalla visita del Museo della Terra.

Di nuovo, è stato protagonista l'orcolat (il nome che il Friuli dà al terremoto del 1976) e la successiva ricostruzione testimoniata concretamente dalla bellezza del centro cittadino tornato come prima ma soprattutto dal Duomo di Sant'Andrea Apostolo. Se nei libri di storia dell'arte si legge che l'architettura gotica é caratterizzata da edifici slanciati maggiormente verso l'alto rispetto al precedente stile romanico, con archi a sesto acuto che ci suggeriscono di salire verso il Cielo e la Luce per avvicinarci a Dio, questo si legge chiaramente a prima vista nella chiesa di Venzone. Anche qui il restauro è stato minuzioso con la tecnica dell'anastilosi, ma nulla si è voluto aggiungere di nuovo a ciò che il terremoto aveva fatto scomparire, gli affreschi in particolare se non si sono salvati sono stati sostituiti da intonaco bianco. Così l'effetto finale è che risultano esaltate la purezza delle linee verticali e la luce che illumina naturalmente la chiesa, il risultato è eccezionale, il messaggio è chiaro, chi entra in Duomo non può fare a meno di provare oggi la stessa emozione che l'antico architetto voleva comunicare allora ai fedeli.

In Friuli vive il ricordo di coloro che sono morti quella notte, dei volti amici che il popolo friulano ha incontrato e delle opere che ha ricevuto. Resta forte la consapevolezza che senza il sostegno di tanti gesti semplici e l'aiuto di tutti il Friuli non ce l'avrebbe fatta. Grazie per sempre. (da Tiere Motus)

Se si può affermare che la ricostruzione del Friuli è stata un miracolo di solidarietà e organizzazione, non dimenticare vuol dire anche lasciare un insegnamento per le generazioni future. Così le case pericolanti della frazione della vecchia Portis ricostruita poco lontano non vengono distrutte, ma diventano palestra e scuola di pronto intervento sugli edifici in casi di terremoto per gli aspiranti a vigili del fuoco e protezione civile. 

Ultime, ma non in ordine d'importanza, le emozioni del piacere di una passeggiata nell'arte attraverso il tempo con la Pinacoteca della Basilica di Sant Antonio a Gemona, dove è raccolto il patrimonio pittorico che la chiesa ha conservato nei secoli e, infine, quella del ricordo dei sapori che il Friuli ci ha lasciato, cose semplici, di una cucina povera ma gustosa. Abbiamo assaggiato il Frico e i dolci Gubana a Chiusaforte, il formaggio Montasio all'omonima malga, il risotto al tartufo estivo a Gemona - bisogna ammettere che quest'ultimo non ha maternità friulana ma è specialità esportata da noi, preparata per il gruppo dai nostri "cuochi per passione" Matteo e Giorgio - abbiamo sorseggiato vini come il Refosco, il Cabernet Franc, il Tocaj, finendo le nostre "emozioni di gola" con il Re del Prosciutto a San Daniele. Piacevole scoperta: la cittadina vanta non solo unicità culinarie, ma possiede anche una preziosissima antica biblioteca in cui è conservata una copia autentica dell'Inferno di Dante Alighieri.

E allora, come scriveva Alda Merini nella sua poesia: “Ciò che nella vita rimane non sono i doni materiali, ma i ricordi dei momenti che hai vissuto e ti hanno fatto felice. La tua ricchezza non è chiusa in una cassaforte, ma nella tua mente. E' nell'emozione che hai provato dentro la tua anima”.

 Mirella Rossino
 
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